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Ricchezze dormienti in Lombardia: vincolo alla crescita o meccanismo di autodifesa?

Pubblicato il 28 Febbraio 2019 Tempo di lettura: 3.7 min

Quanto conta in Lombardia il fenomeno della “ricchezza dormiente”? Questo accumulo di liquidità, creatosi a partire dalla crisi economica, è stata un’occasione persa? Oppure, al contrario, rappresenta un fattore potenziale di sviluppo economico ancora inespresso?

A queste e ad altre domande si propone di rispondere la ricerca, presentata in un incontro svoltosi presso l’Auditorium dell’Università, condotta dal Centro sullo sviluppo dei territori e dei settori della LIUC Business School con il supporto di UBI Banca, volta ad analizzare la presenza sul territorio di ricchezze, monetarie e patrimoniali, inattive sul territorio.

La “ricchezza dormiente”, ossia le quote di ricchezza non consumate e non investite, rappresenta un fattore potenziale di sviluppo economico ancora inespresso. Il fenomeno appare di assoluta rilevanza anche in Lombardia, nonostante si tratti della prima regione italiana e della seconda regione in Europa per capacità di generare valore aggiunto.

Dopo il saluto del Presidente della LIUC Michele Graglia, che ha ricordato l’importanza, per singoli e imprese di avere coraggio e “spingere per lo sviluppo, soprattutto per chi verrà dopo di noi”, l’intervento di Luca Gotti, Responsabile Area Macro Territoriale Bergamo e Lombardia Nord Ovest UBI Banca. “Il nostro sistema è inondato di liquidità – ha detto – e la minore propensione agli investimenti è legata anche ad una carente educazione finanziaria nel Sistema Italia, dove le poche iniziative in atto portano alla tutela e non a una maggiore consapevolezza”.

In questi anni, è stato spesso veicolato il messaggio secondo cui un eccessivo aumento delle quote di ricchezza non consumate può essere inteso come fattore negativo per un’economia: ciò porterebbe ad una contrazione della domanda interna e dello sviluppo industriale (diminuzione degli investimenti). Se si guarda alla teoria economica, invece, sembra essere vero il contrario: meno consumi si associano spesso a maggiori investimenti, quindi crescita della domanda e della produzione.

Può succedere, però, che non tutto il risparmio accumulato in un sistema economico venga riattivato sotto forma di investimenti, ma solo una frazione di esso. Quando ciò accade si viene a creare un accumulo di “risparmio dormiente”, che ha un effetto negativo sull’equilibrio economico, non contribuendo né alla crescita della domanda (consumi) né all’espansione dell’offerta (investimenti).

La ricerca parte dalla distribuzione della ricchezza dormiente sul territorio. “Prima di tutto – spiega Andrea Venegoni, ricercatore del Centro sullo sviluppo dei territori e dei settori i flussi vanno riferiti alle dinamiche demografiche e reddituali della popolazione. Aree maggiormente popolate e con popolazione più giovane, caratterizzate, inoltre, da una miglior dinamica reddituale sono quelle che mostrano maggior spinta all’investimento, favorendo lo ‘sblocco’ e la ‘messa a reddito’ delle risorse monetarie e patrimoniali”.

Considerando il dato complessivo, lo stock di ricchezza inattiva maggiore si trova nella provincia di Milano. Valori alti per tutta la fascia pedemontana, inferiori, invece, per Sondrio, Cremona, Lodi e Mantova. La quota maggiore di «ricchezze non fruttifere» pro-capite in Lombardia si trova nelle province di Pavia, Sondrio e Lecco. Mantova e Cremona, invece, mostrano scarsa attitudine al risparmio e maggior «spregiudicatezza» nell’investire le proprie risorse. I territori a maggior vocazione industriale (collocati sull’asse Varese-Brescia) mostrano, infine, valori bilanciati.

La diagonale Varese-Mantova, che include Milano, la Brianza, Bergamo, Brescia e Cremona, mostra i comuni con minor inclinazione ad accumulare ricchezze dormienti. La fascia alpina e il sud-ovest (Pavia-Lodi), invece, mostrano una maggior cautela nell’utilizzo delle proprie risorse. Dati che mettono in dubbio, secondo i ricercatori, la necessità di sussidi alle aree montane ed agricole. Nello studio vengono approfonditi anche i fattori che ne determinano la collocazione e le dinamiche socio-economiche che la ricchezza dormiente genera sul territorio.

La chiave per garantire crescita economica senza troppo esporsi a shock esterni – spiega Massimiliano Serati, Direttore della Divisione Ricerca della LIUC Business Schoolrisiede nel trovare il punto di equilibrio ottimale tra accumulazione di ricchezza e spinta all’investimento. I risultati dimostrano, infatti, come i comuni dove si è ‘risparmiato di più’ così come quelli dove si è investito, invece, quasi tutta la quota di ricchezza accumulata mostrino le performance meno brillanti in termini di resilienza e di attrattività di impresa”.