NEL PRIMO TRIMESTRE IL PRIVATE EQUITY È PIÙ FORTE DI TENSIONI E CONFLITTI: ANNUNCIATI 81 NUOVI INVESTIMENTI, 29 NEL CORSO DEL MESE DI MARZO
Pubblicato il 27 Aprile 2022 Tempo di lettura: 5.3 minIl mercato del private equity fornisce una prova di grande solidità in una fase storica di grande complessità e registra 81 nuovi investimenti nel primo trimestre. Dopo i 52 deals conclusi tra gennaio e febbraio, il mese di marzo subisce un’ulteriore impennata rispetto allo scorso anno, con l’annuncio di 29 operazioni finalizzate (furono 26 nel 2021), sembrando quasi non risentire delle tensioni che caratterizzano, di contro, numerosi comparti dell’economia.
Nel medesimo periodo dello scorso anno, che già si era concluso con evidenze da record, l’Osservatorio PEM di LIUC Business School aveva mappato 66 investimenti: dunque, il mercato italiano, nonostante gli effetti residui della pandemia, le tensioni sui mercati finanziari, le difficoltà attraversate dall’economia reale a fronte di problematiche di varia natura tra cui i costi dell’energia e delle materie prime, nonché, non da ultimo, il conflitto tra Russia e Ucraina scoppiato ormai da più di un mese, riesce a concludere il primo trimestre con un livello di attività straordinariamente soddisfacente, in controtendenza rispetto a numerose industry.
Anzi, come evidenziato nel prosieguo, si tratta della migliore performance registrata dall’Osservatorio nella prima porzione di anno, nel corso di venti anni di studio e mappatura del settore. La sfida sarà, dunque, quella di affrontare il prosieguo del 2022 cercando di preservare e valorizzare gli investimenti in portafoglio e, se possibile, mantenere l’approccio fortemente proattivo al mercato che ha caratterizzato il settore nell’ultimo triennio.
Sulla base dei valori enunciati, l’Indice trimestrale Private Equity Monitor Index – PEM I, elaborato dai ricercatori dell’Osservatorio PEM attivo presso la Business School di LIUC – Università Cattaneo, si è attestato così a quota 675, un valore notevolmente soddisfacente e mai registrato nel corso di un primo trimestre in passato. Non è chiaramente significativo un confronto con il trimestre precedente, quello a conclusione del 2021, essenzialmente per motivi di stagionalità.
Il confronto, invece, con il primo trimestre del triennio precedente, certamente significativo a parità di stagionalità, evidenzia come il 2022 si sia aperto con un risultato assolutamente eccellente: si tratta, addirittura, come anticipato, del dato record censito dall’Osservatorio per quanto riguarda la prima parte dell’anno solare, un dato che va a “spodestare” proprio quello del 2021.
“Nonostante la presenza di fattori di incertezza all’interno del contesto economico e politico Europeo, il mercato italiano del private equity registra nel 2022 il primo trimestre migliore degli ultimi 20 anni, con 81 transazioni concluse tra Gennaio e Marzo, dando prova ancora una volta del livello di solidità che il settore ha orami raggiunto nel nostro paese. Le dinamiche di transizione digitale ed ecologica continuano a guidare gli investimenti, andando ad impattare settori storicamente più tradizionali, come quello terziario, che nel primo trimestre rappresenta il 20% delle operazioni realizzate” dichiara Elio Milantoni, Head of Deloitte Corporate Finance Advisory e M&A leader. “Rimangono inoltre fondamentali le strategie di aggregazione industriale, come dimostrato dalle 38 operazioni di add-on registrate nel primo trimestre (48% del totale), evidenziando il rinnovato impegno e la fiducia degli operatori nell’adozione di strategie di creazione di valore a lungo termine.”
Entrando nel dettaglio dell’analisi dei dati, le operazioni di buy out si confermano predominanti sul mercato, con una percentuale in linea con il trend consueto (69%), mentre le operazioni in capitale per lo sviluppo si si attestano all’11% dell’intero settore. Si registrano, nel trimestre, ben sei interventi di replacement (7%). Da ultimo, interessante la presenza di ben dieci operazioni (13%) afferenti al comparto delle infrastrutture, che dallo scorso anno l’Osservatorio PEM mappa come categoria distinta, proprio a fronte della rilevanza assunta negli ultimi anni da questo specifico segmento di mercato.
Ben 38 interventi di buy out (pari a oltre il 48% del mercato complessivo) rappresentano operazioni di add-on, ovvero acquisizioni finalizzate alla crescita per linee esterne dell’impresa partecipata, sotto la regia dell’operatore di private equity. Questa evidenza conferma l’importanza dei progetti di aggregazione industriale, che ormai costituiscono in numerosi settori una delle chiavi di creazione di valore di maggior efficacia, nonché segnala la volontà degli operatori di sostenere, consolidare e valorizzare le partecipazioni in portafoglio.
Dal punto di vista geografico, l’attività del primo trimestre risulta come sempre polarizzata nel Nord del nostro Paese, ma con un grado di dispersione decisamente superiore rispetto al passato: la Lombardia rappresenta il 34% del mercato, seguita da Emilia Romagna (15%) e Veneto (11%). Interessante, da un lato, la presenza di un elevato numero di regioni con almeno una operazione e, al tempo stesso, il contributo significativo offerto da Lazio, Toscana e Piemonte.
In ottica settoriale, invece, si segnala il 20% del terziario, comparto storicamente rilevante ma mai leader assoluto in passato, seguito da prodotti per l’industria, ICT, beni di consumo e cleantech, tutti con quote intorno al 13%.
Le evidenze emerse a livello geografico e settoriale costituiscono prove ulteriori della crescente maturità raggiunta dall’industria del private equity in Italia, che tende sempre più a diffondersi in tutti gli ambiti della nostra economia reale, in particolare in quelli investiti dalla transizione digitale ed ecologica.
Le piccole e medie imprese rappresentano, come sempre, il principale bacino di riferimento per gli operatori, anche se non mancano alcuni di deals con enterprise value di rilievo, come già accaduto nello scorso triennio. Si conferma e, anzi, si amplifica anche in questo avvio del 2022 l’interesse ed attenzione dedicati dagli investitori internazionali alle imprese del nostro Paese (ben il 56% del totale).
A margine, si segnala che l’Osservatorio PEM ha avviato lo scorso, in parallelo, anche la mappatura delle operazioni concluse all’estero da operatori di private equity italiani, nonché delle acquisizioni di target estere realizzate da imprese italiane, con la “regia” di un operatore di risk capital.
A tale riguardo, si rileva come, nel corso del primo trimestre, siano state censite due operazioni di acquisizione diretta all’estero, realizzate da Green Arrow in Spagna e da Simest in Svizzera, e ben dodici add-on aventi quali target company aziende estere, principalmente in Germania, Spagna, Francia e Stati Uniti.
In allegato, si riporta una tabella con i deals mappati dall’Osservatorio PEM della LIUC Business School nei mesi di gennaio e febbraio, con alcune informazioni di dettaglio a supporto.