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Il Private Equity per le imprese di famiglia: un trend in crescita

Pubblicato il 17 Dicembre 2024 Tempo di lettura: 3.1 min

Private Equity e imprese familiari: quale lo stato dell’arte in Italia? Se ne occupa una ricerca condotta dal PEM (Private Equity Monitor) della LIUC Business School (che sviluppa un monitoraggio permanente sugli investimenti in capitale di rischio realizzati in Italia da operatori di private equity) e da FABULA (il Family Business Lab dell’Università LIUC dedicato allo studio delle imprese familiari attraverso ricerche qualitative e quantitative e un attivo coinvolgimento di imprenditori, manager e professionisti) in collaborazione con AIFI e Fondo Italiano di Investimento.

Lo studio consiste in un’analisi di mercato su un orizzonte di 10 anni (2013-2022), basata su un campione di aziende familiari oggetto di investimento da parte di operatori di Private Equity.

 Sono stati mappati 1.285 investimenti in aziende familiari: a partire da questo campione emerge che tra il 2018 e il 2022 sono state realizzate in media 184 operazioni di private equity l’anno in aziende familiari. Un dato che attesta il crescente interesse degli investitori rispetto alle aziende di famiglia – a fronte di sole 73 operazioni del periodo compreso fra 2013 e 2017 – e che si rivela in controtendenza rispetto a una storica avversione delle aziende familiari ad aprire il proprio capitale.

Inoltre, sono 220 gli operatori che hanno realizzato almeno un investimento.Il 48% delle operazioni è stato realizzato da operatori internazionali, confermando l’attrattività delle aziende italiane per i fondi esteri. I fondi internazionali trovano sempre più interessante investire nel nostro Paese, consolidando l’immagine di un mercato in espansione”, approfondisce Sofia Brunelli (Assegnista di Ricerca, FABULA).

Le operazioni analizzate includono sia la cessione totale delle quote azionarie, sia la vendita di partecipazioni di minoranza.

L’operatore di Private Equity viene sempre più identificato come un soggetto in grado di apportare risorse finanziarie e competenze manageriali per intraprendere nuove strategie di crescita (organica e/o inorganica) o per soddisfare esigenze di liquidità della famiglia e agevolare il ricambio generazionale. Infatti, come affermato da Michele Lertora (Ricercatore, PEM): “Gli operatori di private equity possono offrire alle aziende familiari capitali e competenze. L’efficacia di questa partnership è confermata da risultati finanziari molto positivi: le operazioni analizzate hanno registrato in media un multiplo sul capitale investito pari a 2,3 volte e un IRR del 23%”.

La famiglia rimane coinvolta nell’azionariato nel 39% delle operazioni: ciò permette di disporre di competenze e risorse finanziarie per realizzare processi di crescita inorganica mediante acquisizioni, ma anche di incentivare e attirare management di più alto profilo.

Cosa accade poi nella governance delle società oggetto di reinvestimento? La quota media di reinvestimento della famiglia imprenditoriale si attesta intorno al 30%, la presenza nel CDA di esponenti della famiglia si riduce e solo nel 17% dei casi la famiglia rimane in maggioranza. In seguito all’investimento il CEO rimane un membro della famiglia imprenditoriale nel 58% del target.

Conclude Salvatore Sciascia, Direttore di FABULA: “Per le famiglie imprenditoriali è cruciale identificare il partner finanziario che comprenda la propria visione e i propri valori per strutturare adeguatamente i termini dell’accordo, evitare tensioni future e massimizzare i benefici dell’operazione. Col giusto partner, l’impresa di famiglia può disporre non solo di nuovi capitali, competenze e relazioni, ma anche di meccanismi di governance che consentano di regolare meglio il complesso rapporto fra logiche familiari e logiche aziendali, nell’interesse di tutti gli stakeholder”.

Per approfondire la ricerca: